TROIANE
da Euripide

Menzione al merito alla drammaturgia – “5° Premio Internazionale Salvatore Quasimodo”

Scritto e diretto da Salvatore Cannova

Con Luca Carbone, Martina Consolo, Silvia D’Anastasio,
Silvia Di Giovanna, Luciano Sergiomaria, Giorgia Indelicato, Clara Ingargiola
Scene e costumi Salvatore Cannova
Luci Michele Ambrose
Canti e musiche originali Salvatore Cannova (Ànà dùsdaimòn) e Emanuele Spatola (Menelao)
Assistente alla regia Alessandro Accardi
Assistente alle scene Paolo Cannova
Adattamenti e modifiche sartoriali Rosa Cammuca, Ninetta Litro
Produzione Soc. Agricola Eredi di Vaccaro C. srl, Compagnia Fenice Teatri
con il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica dello Zambia in Sicilia

SINOSSI

Troia è distrutta, gli uomini uccisi e le donne rese schiave dagli eroi greci. Nell’attesa del vento propizio che farà salpare le navi per tornare in patria, davanti alle rovine della città, le Toriane attendando il compiersi del loro destino. Cassandra prevede la sua disgrazia e quella del suo nuovo padrone Agamennone una volta rientrati in Grecia. Elena, condannata a morte da Menelao, cerca invano di avere salva la vita. E Andromaca piange le forzate nozze con Neottolemo, il figlio Achille.  La sentenza più tragica arriva poco prima della partenza. L’esercito grco, per paura di una ribellione futura, impone la morte del giovane Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca: verrà lanciato vivo dalle rocche di Troia. Compiuti i riti funebri, le prigioniere guardano per l’ultima volta la loro patria, una terra affiliata, materna solo a figli privi di vita.

TROIANE
da Euripide

NOTE DI REGIA

“Togli il sangue dalle vene e versaci dell’acqua al suo posto: allora si che non ci saranno più guerre.” – Lev tolstoj

Il profondo significato di questa tragedia è racchiuso nel desiderio di supremazia che da sempre prevale sulla ragionevole cooperazione. Condizione che ancora oggi, purtroppo, non accenna a cambiare e che forse, come suggerisce Tolstoj, non cambierà mai. Guerra e morte del senso civico, decesso della ratio, estinzione del logos. Dal canto suo, l’essere umano sembra non poterne fare a meno e continua imperterrito in una tale barbarie che si sposta geograficamente in modo costante, senza mai estinguersi. Le Toriane, la barbarie, l’hanno vista coi loro occhi, l’hanno vissuta sulla loro pelle e continuano a viverla di fronte alle loro tende, in quella pianura. I resti di Toria, segni tangibili di una fine, sanciscono l’inizio del dramma: quello di chi resta e piange i propri morti, quello di chi ha perso tutto e non può fare a meno di obbedire agli ordini del vincitore. Sono donne che hanno visto morire figli, mariti, fratelli. Donne succubi della supremazia maschile a cui è stata negata ogni volontà, anche quella di supremazia maschile a cui è stata negata ogni volontà, anche quella di tenere i propri capelli segno di libertà e di forza. Immagino un accampamento a lutto dove il nero domina dietro alle ultime rose bianche rimaste in prati distrutti. Immagino Ecuba interpretata da un uomo, poichè il dramma della guerra colpisce qualunque essere umano senza alcuna distinzione. Immagino che la tragedia si veli dietro a situazioni capaci ora di far sorridere, ora di far riflettere e che eploda nella consapovolezza finale che ognuno di noi, per quanto possa sentirsi importante, ha il dovere di agire.

Salvatore Cannova